Nel cuore della Val Marecchia: Santarcangelo di Romagna
C’è più di un motivo per cui Casadei, zio del famoso Raoul, scrisse “Romagna, Romagna mia lontan da te non si può star”. Sicuramente per il mare, il cibo, la gente alla mano, ma anche per il paesaggio ricco di borghi e di storia. Nella zona alle spalle di Rimini, in Val Marecchia, sorge il Comune di Santarcangelo di Romagna, sviluppatosi attorno alla parte più alta e antica della città che si posa sul Colle Giove. Questo borgo medievale presenta ancora la struttura originaria, con le mura, le abitazioni e la rocca Malatestiana, costruita da Sigismondo Pandolfo Malatesta nel 1447 sfruttando l’antico maschio fatto erigere precedentemente da Carlo Malatesta. Si dice che in questo luogo si sia svolta la vicenda, raccontata anche da Dante, di Paolo e Francesca, diventati amanti a causa del “galeotto libro”. Interessante comunque è la visita alle stanze dell’edificio, al cortile che ospita un pozzo ancora funzionante e alla torre da cui si gode di una splendida vista.
Tutt’attorno strette stradine si inerpicano su per il Colle e si incontrano in una piazza in cui si staglia il Campanone, una torre dell’Ottocento, di imitazione trecentesca, che domina tutta la città. Tramite una suggestiva scalinata sui cui lati si trovano numerosi negozi dalle antiche insegne, si scende nella parte bassa di Santarcangelo. A metà della scalinata, in una via laterale, è presente l’antica Stamperia Marchi, una bottega del 1633 che ancora oggi, usa il Mangano originale, una macchina un po’ bizzarra con cui si prepara la tela compattandola e lisciandola per poi dipingervi a mano i tipici motivi romagnoli, ad esempio, il gallo, l’uva e la vite.
Luogo di fiere e manifestazioni, la grande piazza Garganelli, al centro della città, bassa ospita monumenti interessanti tra i quali l’arco Trionfale, che segna l’ingresso solenne al centro storico, il Palazzo Comunale, al cui interno si possono vedere un polittico di Jacobello di Bonomo e un dipinto del Longhi, e il monumento dei caduti al centro. Non mancano reperti risalenti all’età Romana, come le fornaci romane del II-III secolo scoperte recentemente. Camminando per la città si respira un’aria di dolce passato, di quiete che si mescola ai profumi tipici della cucina romagnola: numerose le piadinerie e i ristoranti in cui assaggiare la pasta fresca fatta in casa e le altre specialità della zona.
Santarcangelo offre qualcosa di splendido ed interessante anche nel sottosuolo, infatti il Colle Giove è attraversato da grotte tufacee. Non si conosce il motivo della loro costruzione. Forse in origine fuorno luogo di rifugio per i pagani. Ora alcune sono visitabili, altre sono private e usate come cantine per la conservazione del vino e del formaggio di fossa.
Ogni momento è buono per visitare la città, ma per chi ama le fiere il periodo migliore è quello in cui si svolge la Fiera di San Martino, a novembre. Simbolo dell’evento sono le corna appese sotto l’arco Trionfale che si dice segnalino, oscillando, se la persona che vi passa sotto è stata tradita dalla sua metà. Ma la linfa della fiera è il commercio e l’infinità di prodotti che si possono trovare, da quelli gastronomici a quelli legati all’arte, al benessere, all’artigianato.
Altro evento importante è il Festival internazionale del teatro in piazza, nato nel 1971, e che si svolge nei dieci giorni centrali di luglio. Il Festival cerca di unire il bisogno di “fare arte” con quello del legame con il pubblico: Lo fa portando il teatro all’esterno, in piazza appunto, negli spazi in cui esso può essere fruibile e può essere vissuto, ogni anno seguendo un tema diverso e con ospiti di livello.
Santarcangelo di Romagna è anche la città natale di un artista d’eccezione, uno che è partito come sceneggiatore, raccogliendo successi fino a fiancheggiare Federico Fellini nel celebre film Amarcord, e che ha poi deciso di comporre versi e poesie in dialetto, così da dare il dovuto riconoscimento alla poesia dialettale, uno che anche in tarda età ha trovato un modo per dar vita alla sua creatività buttandosi sulla pittura e sulla scultura: stiamo parlando di Tonino Guerra. Premiato con diversi riconoscimenti per i suoi capolavori, ma soprattutto per la sua profondità, visibile anche quando, dopo un periodo passato in Germania in un campo di prigionia scrive “contento, proprio contento sono stato molte volte nella vita ma più di tutte quando mi hanno liberato in Germania che mi sono messo a guardare una farfalla senza la voglia di mangiarla”.
Dopo essere stati in questa cittadina, sì che potrete cantare che lontano dalla Romagna non si può star!