Post-Minimalismo: la forma spogliata di se stessa
In principio c’era il Minimalismo, devoto alle forme geometriche e alla realtà delle cose. Gli oggetti – si pensi alla fontana di Duchamp – erano estrapolati dalla quotidianità e catapultati nell’arte. Trattandosi di opere ready-made, i fruitori erano in qualche modo esonerati dall’interrogarsi sulla loro fattura. Le cose mutarono quando gli artisti cominciarono a interessarsi alla manifattura delle opere, ed enfatizzarla. Fu così, per la curiosità di spogliare le forme della loro pelle, che si trascese il Minimalismo, dando inizio al Post-minimalismo. Rappresentativo dell’alba del Post-minimalismo è il lavoro di Eva Hesse, che mutuò dal Minimalismo la struttura modulare e la ripetizione, e dal Dadaismo la curiosità verso materiali sempre nuovi. La materia ebbe un ruolo centrale nell’opera della Hesse, il cui intento era quello di spezzare tutti i legami che la legavano al quotidiano. La plastica, ad esempio, non era più considerata il materiale per costruire un dato oggetto, bensì una materia pura, da trasfigurare lasciandosi guidare dall’indagine artistica. ”Le cose diventano quel che diventano”, diceva la Hesse....
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