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Posted on Apr 14, 2013 in Musei | 1 comment

Cantiere del ‘900. In Piazza della Scala l’arte italiana del dopoguerra svela i suoi segreti

Cantiere del ‘900. In Piazza della Scala l’arte italiana del dopoguerra svela i suoi segreti

Un lato di Piazza Della Scala, per lungo tempo rimasto inerte, chiuso nel suo monumentale e distante splendore, ha ripreso vita, giusto qualche mese fa, ospitando un museo, sorprendente per location e qualità delle opere, chiamato Cantiere del ‘900. La sede espositiva va a completare la scenografia urbana dove si affacciano uno dei più celebrati teatri d’opera del mondo, l’imboccatura di Galleria Vittorio Emanuele e  palazzo Marino, simbolo della politica cittadina.

Il luogo scelto per custodire le collezioni novecentesche del gruppo Intesa San Paolo è quindi una costruzione arcigna, fino a non molti anni fa, sede della Banca Commerciale italiana.

Lo spazio, incentrato sull’arte del “secolo breve”, completa l’ala attigua, aperta nel 2011, dedicata all’Ottocento, dove è possibile vedere opere che da Canova arrivano fino alla fase prefuturista di Boccioni.

L’impressione che dà il palazzo nella sua pancia è senza dubbio meno rigida di quella offerta dal volto. É probabile che a rendere l’interno più vivo concorra la presenza delle opere, i cui colori, forme e materiali trasmettono un senso di vibrazione costante.

Dai tre grandi incavi dei saloni originari sono state ottenute sedici sale, chiuse qua è là da pannelli bianchi, dove sono state posizionate le opere. Alcuni elementi come gli orologi, le lampade in stile déco e gli sportelli dietro cui gli impiegati ricevevano i clienti, rimangono a testimonianza della precedente funzione dell’edificio. Molto efficaci sono alcune aperture date dai vetri degli sportelli che permettono di dialogare con le opere appese sulla parete opposta al lato di osservazione.

Interessante è anche come è stato riadattato il caveau. Il locale, visitabile su prenotazione o in occasioni specifiche, è rimasto pressoché intatto. Sono state rimosse le cassette di sicurezza e sono stati aggiunte delle griglie a cui sono state appese opere delle collezione che verranno usate per monografiche o per sostituire quelle delle sale superiori.

Il museo offre una panoramica piuttosto completa delle tendenze dell’arte italiana che si sono andate sviluppando nella seconda metà del XX secolo. Informale, Spazialismo, Movimento Nucleare, Movimento Arte Concreta, Arte Cinetica e Programmata, Arte Povera, Arte Concettuale, Pop Art italiana sono rappresentati dai maggiori esponenti dei movimenti: Fontana, Melotti, Munari, Burri, Boetti, solo per citarne alcuni.

Per evocare lo spirito del luogo, operiamo una forzatura e ci concentriamo solo su uno dei capolavori della collezione, ovvero Concetto spaziale – la Luna a Venezia di Lucio Fontana.

Si tratta di uno degli artisti che maggiormente ha contribuito a cambiare la storia dell’arte del Novecento.

Il suo nome è identificato con i celebri Tagli, tele monocrome lacerate, una, due, tre volte, in un gesto che fece scalpore, ma che rivelava la ricerca di un aldilà del quadro, di uno spazio che sfondasse il concetto di bidimensionalità, di un luogo primario e assoluto.

Concetto spaziale – la Luna a Venezia palesa la ricerca dell’artista verso una inedita dimensione spaziale. Verso la fine degli anni’ 50 Fontana inizia a produrre i cosiddetti Concetti Spaziali, da lui chiamati più semplicemente Buchi. Si tratta di tele grezze o dipinte di bianco, con l’aggiunta di altra materia pittorica, sabbie e lustrini, su cui, con un punteruolo, produce dei fori agendo sul retro della tela. L’artista cerca di mostrare il legame fra la sua arte e la scienza, di come le recenti scoperte sul cosmo abbiano aperto alla nozione di infinito e di come lui, bucando la tela, base delle arti da centinaia di anni, voglia trasportare l’arte verso una dimensione infinita, adatta al mondo contemporaneo e all’arte contemporanea.

Concetto spaziale – la Luna a Venezia arriva 12 anni dopo i primi Buchi e fa parte di un gruppo di opere definite Oli. In questo caso l’allusione alle galassie, allo spazio profondo, alle costellazioni è reso evidente dall’uso di larghe campiture a olio, poche linee di colore, buchi e altri elementi come vetri colorati. La tela nello specifico fa parte di una serie di ventidue, di formato quadrato, tutte dedicate all’evocazione di Venezia.

Come spiega Pierre Rouve in un saggio dedicato a questa serie incredibilmente poetica “… l’intera città si sbarazza della consistenza materiale per approdare a quel che si vivrà.”

Dato che l’ingresso al Cantiere del ‘900 è gratuito. Vale la pena entrare e concedersi dieci minuti di tempo per osservare quest’opera. Godersi ciò che esprime e intanto riflettere su ciò che affermava il suo autore parecchi anni fa: “In futuro non ci sarà più l’arte come è concepita oggi. Non so… si proietteranno in cielo i colori, le forme… e così come per la pittura si può dire anche della scultura, dell’architettura… no, l’arte così come è pensata oggi finirà… vi sarà un’altra cosa”.

Quando si dice preveggenza.

Se volete ascoltare un po’ di musica che ha a che fare con lo spazio: Spiritualized – Ladies And Gentlemen We Are Floating In Space/Pill-Packaging

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