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Posted on Giu 14, 2013 in Trieste | 0 comments

Joyce a Trieste: sulle tracce del grande scrittore

Joyce a Trieste: sulle tracce del grande scrittore

Il 16 giugno è un giorno memorabile per la letteratura mondiale. Si celebra infatti il Bloomsday, ossia la giornata in cui si svolge la vicenda di Leopold Bloom, protagonista dell’Ulisse di James Joyce, il romanzo più discusso, amato e odiato del Novecento. C’è che millanta di averlo buttato giù come fosse acqua fresca, chi ci ha provato cento volte senza andare oltre le prime venti pagine. Ad ogni modo non si può dire che l’opera non abbia cambiato la maniera di percepire il mondo e in cui il mondo ci viene restituito attraverso la letteratura. Il libro, emblema del modernismo, si caratterizza per uno stile composito: variazioni gergali e giochi fonetici, parodia e flusso di coscienza, un monologo ininterrotto che dà sfogo al libero sgorgare dei pensieri dei personaggi.

Pur ambientato a Dublino e irlandese in tutto e per tutto, l’Ulisse sembra nascondere anche un’anima italiana. Trieste è infatti legata a doppia mandata alle vicende dello scrittore irlandese e al suo libro più celebre.

Posta in bilico tra occidente e oriente, tra il Mediterraneo e Mitteleuropa, tra montagna e mare, snodo di razze e culture, la città giuliana ha ospitato James Joyce per lunghi anni e, durante questi soggiorni, lo scrittore ha elaborato molte delle sue opere giovanili e tre capitoli dell’Ulisse. Trieste quindi ha fatto da terreno di coltura per la sua narrativa ed è finita, volente o nolente, camuffata o meno che sia, rivista e reimmaginata, nelle sue pagine.

Lo scrittore giunse la prima volta in città nel 1904 e vi abitò a lungo, a periodi alterni, fino al 1920. Qui visse con Nora, la compagna di una vita, alla quale si deve la celebre frase “Perché non scrivi cose che qualcuno possa leggere?”

Ma come era la Trieste di Joyce, quali posti frequentava e che tipo di vita condusse sull’Adriatico lo scrittore irlandese?

Durante gli anni triestini il suo talento era lontano dall’essere scoperto, tanto che per campare dovette arrabattarsi con numerosi lavori. Fece il conferenziere, il giornalista, l’impiegato, il traduttore, ma soprattutto l’insegnante. Ebbe una cattedra ad esempio presso la Berlitz School, ma frequentò pure alcune case di ricchi mercanti dove insegnava inglese ai rampolli. Fra i pochi edifici che bazzicava salvatisi dalle assalti di uomini e tempo, c’è la villa di Leopoldo Popper e di sua figlia Amalia che si trova via Don Minzoni, 16.

La parte della città vecchia, che Joyce frequentava avidamente alla ricerca di ispirazione, il centro attuale, era all’epoca piuttosto malandata. La case erano sovrappopolate e l’acqua corrente un miraggio. Essendo quella più vicina al mare, era anche la più frequentata da marinai di passaggio e con il più alto numero di bordelli. Vicino a Piazza Cavana, in via Fortino, c’era il preferito dello scrittore.

Città di porto, Trieste viveva anche di notte: molti erano i caffè, alcuni più raffinati, altri meno, che vendevano alcolici e assenzio. L’ebbrezza abbassava le inibizioni e le tensioni etniche, politiche, sociali e religiose che circolavano in città spesso sfociavano in risse e pestaggi. Lo stesso Joyce appena sceso dal treno fu  coinvolto in una rissa suo malgrado e portato in prigione per qualche ora.

Il Caffè Tommaseo di Piazza Unità d’Italia, una tra le più grandi e scenografiche di tutta Europa, era fra i preferiti di Joyce. Qui si incontrava con Italo Svevo, suo grande amico e anche suo allievo di inglese. L’altro caffè che Joyce amava era il San Marco.

A Joyce piacevano anche, o soprattutto, i bar popolari, le bettole, frequentate da operai e marinai, con cui spesso condivideva la passione per il bere forte. Lì dentro ha certamente tratto episodi e atmosfere finiti nell’Ulisse.

A Trieste Joyce e famiglia cambiarono parecchie case, ma i traslochi furono una costante di tutta la sua vita non solo in Italia. La casa in cui visse più a lungo fu quella di via Bramante 4, dove stette dal 1913 al 1915. Neanche tre anni, eppure qui finì Il ritratto di artista da giovane, scrisse il suo unico dramma Exiles e iniziò l’Ulisse.

L’anima multilinguistica di Trieste, nonché l’aver appreso il dialetto del posto, servirono a Joyce per elaborare il complesso armamentario stilistico che caratterizza il suo capolavoro. A questo si aggiunse la multiconfessionalità di Trieste che gli permise di conoscere e frequentare altri religioni e di aggiungere un tassello sostanziale alla complessità dell’Ulisse. Cresciuto nella cattolicissima Irlanda, educato dai gesuiti, fuggì dalla cultura isolana e trovò a Trieste numerosi templi dedicati agli altri culti. Nella zona del ghetto ebraico si trovavano due sinagoghe, oggi scomparse, che Joyce frequentava, così come partecipava di tanto in tanto ai riti greco-ortodosso, nella chiesa di San Nicolò e serbo-ortodosso, nella chiesa di San Spiridione. Tra l’altro quest’ultima si trova proprio in una delle zone più caratteristiche di Trieste, ovvero il Canale Grande. Sul ponte che lo attraversa è stata posta una statua dello scrittore in formato naturale.

Ma non è l’unico luogo in cui la città celebra l’artista. Negli ultimi quindici-vent’anni sono state posizionate 45 targhe che segnalano i principali luoghi joyciani. Un mondo affascinante di scoprire una delle più belle città italiane.

Museo Joyce
Via Madonna del Mare 13,
Lunedì-sabato dalle 9 alle 13 e il giovedì e dalle 15 alle 19.
Ingresso libero

Estate_728 x 90

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